Taranto e inquinamento: vicino all’Ilva spunta la fonte da cui esce catrame

Terreno contaminato e inquinato vicino all'Ilva di Taranto - Foto: Facebook
Taranto balza nuovamente agli onori della cronaca nazionale per la questione inquinamento. L’ultima denuncia shock sui gravissimi danni ambientali causati dall’uomo è stata lanciata e documentata dall’associazione ambientalista Peacelink. In una zona al confine nord dell’Ilva di Taranto, in zona Mater Gratiae, è stata scoperta dagli ambientalisti dell’organizzazione no profit pugliese una fonte da cui esce catrame!

“Il materiale in questione affiora dal terreno – scrivono in una nota gli ambientalisti Antonia Battaglia, Fulvia Gravame, Alessandro Marescotti e Luciano Manna – a pochi passi dai limiti di proprietà Ilva“. Peacelink si è rivolta al procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, alla Asl e all’Arpa Puglia affinché siano controllati i pozzi che alimentano i terreni agricoli circostanti. L’associazione ambientalistica tarantina porterà in procura il catrame prelevato e il video che ha indignato e scioccato il popolo della Rete.
La situazione è piuttosto drammatica e sconvolgente. Il politico dei Verdi Angelo Bonelli ha sottolineato che l’affioramento dalla falda in superficie indica che l’inquinante ha compromesso irreversibilmente l’ambiente… I Verdi di Taranto invocano a gran voce la chiusura immediata dell’Ilva e attaccano il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare del Governo Renzi, Gian Luca Galletti: “Di fronte al silenzio del ministro Galletti, qualora non ottemperi alle sue funzioni, siamo pronti a portare il caso Taranto dinanzi al Tribunale dei diritti dell’uomo. La chiusura dell’Ilva di Taranto non è un’opzione rinviabile nelle condizioni attuali”.
Simona Internò, coportavoce dei Verdi di Taranto, ha sottolineato in una nota: “Nei giorni scorsi ci siamo rivolti alle istituzioni regionali, oggi riteniamo doveroso richiamare l’attenzione del ministro Galletti, il quale ha assistito alle ultime notizie sull’Ilva di Taranto senza proferire parola e senza chiedere alcun provvedimento ai Commissari, che sono tutelati dall’immunità penale e amministrativa, ma che rimangono i gestori degli impianti. Chi dovrebbe tutelare il territorio se non il ministero dell’ambiente? L’aggiornamento dello studio Forastiere sullo stato di mortalità a Taranto, che conferma gli eccessi di mortalità legati all’aumento di particolato di origine industriale, ha subito l’indifferenza della politica nazionale. Non una parola da parte del ministro sui dati relativi all’inquinamento del suolo e della falda sotto i parchi minerali. Nessuno scandalo per gli operai morti nell’Ilva“.
I Verdi di Taranto chiedono la chiusura dell’area a caldo subito, e che si avvi al più presto il Piano per Taranto proposto da Angelo Bonelli per una riconversione ecologica dell’economia, ponendo grande attenzione al reimpiego dei lavoratori nelle opere di bonifica e messa in sicurezza, oltre che promuovere le iniziative del territorio a supporto della piccola e media impresa per una ricostruzione del tessuto imprenditoriale.
Circa un anno fa un operaio dell’Ilva, che era impiegato alle batterie delle cokerie, aveva rilasciato dichiarazioni scioccanti e inquietanti al Noe e alla Procura: “Sepolto sotto le cokerie dell’Ilva c’è di tutto. Quello che c’era era indescrivibile. Tutte le persone che lavoravano lì, ignoravano che quel posto non era sano per lavorarci. L’amianto non usciva dall’Ilva, finiva nelle discariche”. Per poi rivelare: “Nel sottosuolo del reparto di Inversione, sotto terra, c’era di tutto: catrame, olio, acqua piovana e liquami, materiale che non doveva finire lì sotto. Non c’era nulla che impediva la caduta del materiale. C’erano vapori che si levavano dal terreno, perché ciò che stava sotto fermentava, certe volte per il fumo di coke non riuscivo a vedere i colleghi. I sacchi con l’amianto restavano nel siderurgico, finivano gettati in discarica. Anche io portavo mattoni e carbon coke, materiale di scarto ed anche amianto che non serviva più alla produzione e tutto veniva buttato in discarica e poi ricoperto, senza protezioni”.
Un’emergenza nazionale che non sembra affatto interessare le istituzioni regionali e nazionali, che fanno orecchie da mercante alle richieste pressanti di cittadini e organizzazioni ambientalistiche… Davvero vergognoso e ripugnante!