Claudia Gerini rivela: “Ho sbagliato con il paparazzo Maurizio Sorge, ma non gli ho rubato il cellulare”

Andrea Preti e Claudia Gerini - Foto: Instagram
Claudia Gerini ha ammesso di aver sbagliato con il famoso paparazzo Maurizio Sorge e ha voluto sottolineare che non gli ha rubato il cellulare. La nota e stimata attrice ha affrontato l’argomento durante un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: «Ho sbagliato solo perché non ho saputo tenere la calma, avrei dovuto restare zen e, invece, ho fatto una sfuriata al paparazzo, ma certo non gli ho rubato il telefonino». All’epoca Claudia Gerini era fidanzata con il modello ed ex naufrago vip dell’Isola dei famosi, Andrea Preti. Lei è a processo, dopo che il 22 aprile 2017 Maurizio Sorge l’aveva accusata di avergli sottratto lo smartphone col quale le aveva appena girato un video.

Il processo è iniziato a Trani il 5 ottobre e la prossima udienza sarà a primavera. Sono imputati in concorso lei e l’ex compagno, Andrea Preti.
La mamma vip di Rosa, avuta dall’ex marito Alessandro Enginoli (dirigente finanziario con cui è stata sposata dal 2002 al 2004) e Linda da Federico Zampaglione (il cantante dei Tiromancino, a cui è stata legata dal 2005 al 2016) ha dichiarato alla giornalista Candida Morvillo: «Ero in tournée teatrale ed erano i primi tempi della mia storia con Andrea. Il fotografo ci aveva seguiti fino in Puglia e aveva preso una camera nel nostro stesso albergo. È il suo lavoro, ci sta. Io e Andrea usciamo a fare jogging, ci rendiamo conto che lui ci segue e ci scatta le foto. Va beh. Lo lasciamo fare. Dopo un’ora e mezzo, gli dico con gentilezza: ci hai fotografato abbastanza, ora basta, no? Ma manco ci risponde. Dopo un po’, glielo ridico, lui finge di andarsene, ma continua a seguirci. Mi fermo e gli dico che sono stanca, gli chiedo di smetterla. E lui, con tono prepotente: “Se non vuoi essere scocciata, cambia mestiere, io te seguo quanto mi pare, te seguo tutto il giorno se mi va”. Mi ha detto che il mio mestiere, in pratica, era fare il pagliaccio per lui. Dico: scusa, il mio lavoro è l’attrice. E lui straparlava, come se noi attori fossimo scimmiette al servizio di chi ci fa andare sui giornali. Sono cascata nella trappola e l’ho preso a brutte parole. Non minacce, solo parolacce. Gli ho detto cose tipo: mi sono rotta. Ho sbagliato, ma ero esasperata, stanca per la corsa, non ci ho visto più».
Per poi aggiungere: «Ho visto che aveva in mano due telefoni, uno in modalità video: aveva ripreso la mia sfuriata, con me sudata fradicia, rossa in viso, che inveivo contro di lui. Quando me ne sono accorta, mi è venuta veramente paura: sapevo che andava in tv in vari programmi a portare filmati simili».
E poi ancora: «In quel momento, volevo solo che non avesse quel video sul suo telefono. Allora, mi avvicino, gli strappo lo smartphone dalle mani, lui comincia a rincorrermi, un uomo grande e grosso, alto, tracotante. Sono riuscita ad allontanarmi, a trovare i video e a cancellarli tutti. Dopodiché, ho lanciato il telefono nella sua macchina. Fine. Lui sostiene che non l’ha più trovato e che gliel’abbiamo rubato, ma non è vero».
Anche l’ex coppia vip del jet set nazionale l’ha denunciato: «L’unico modo che gli era rimasto per spargere fango. Ci seguiva cercando qualcosa di forte, ha tirato fuori il peggio di me, ha voluto creare il mostro, ma quella non sono io. L’abbiamo a nostra volta denunciato e la mia avvocata Patrizia Del Nostro ha chiesto il rito abbreviato perché è convinta che non ci sia alcun reato e per evitare tempi lunghi che si prestino a strumentalizzazioni. Dice anche che è vero che sono un personaggio pubblico, ma che il diritto alla privacy dei personaggi pubblici non è abolito, è solo affievolito: non si può essere così invadenti contro la volontà espressa di una persona. Fra l’altro, subito dopo, sono venuti i carabinieri e ci siamo messi a disposizione, hanno perquisito camera, auto, bagagli. Il telefonino non c’era. Dopo, iniziata l’inchiesta, abbiamo chiesto noi di essere sentiti spontaneamente. Io ho fatto qualcosa che non dovevo, ma che non è il reato di cui mi accusa questo signore».