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Prisoners: trama, finale e significato

Prisoners è un film scritto da Aaron Guzikowski e diretto da Denis Villeneuve con un finale pieno di significato. Ma che film è Prisoners? Cosa c’è da sapere su questa pellicola?

Prisoners – foto youtube.com

Il  thriller drammatico e noir ha visto la luce dopo un iter travagliato: dal mancato accordo con gli attori Mark Wahlberg e Christian Bale e il regista Bryan Singer alla scelta di Leonardo DiCaprio al tentativo di coinvolgere il regista  Antoine Fuqua.

L’interpretazione di Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal e Paul Dano ha dato un valore aggiunto a una trama che pone la realtà della provincia americana sotto lente di ingrandimento. Ecco cosa c’è da sapere.

La trama di Prisoners

Il film racconta la storia dei Dover, una famiglia della cittadina di Brockton che viene sconvolta dalla scomparsa della figlia di 6 anni Anna insieme all’amica coetanea Joy Birch (figlia di amici di famiglia e vicini di casa) durante il Giorno del Ringraziamento mentre cercavano un fischietto rosso perduto nelle vicinanze.

Il padre di Anna (Keller interpretato da Hugh Jackman) inizia a cercare le due bambine e si concentra su un camper situato nella zona della scomparsa fino a poco prima.

Il detective Loki (Jake Gyllenhaal) rintraccia il camper e vi trova dentro Alex Jones (Paul  Dano), un giovane affetto da un ritardo mentale e affidato all’anziana zia Holly. Il ragazzo viene arrestato ma, non essendoci prove schiaccianti, viene rilasciato.

Keller, rimasto sconvolto dalla scarcerazione, aggredisce il giovane Jones fuori dalla stazione di polizia: durante questa colluttazione, però, il ragazzo gli sussurra “Non hanno pianto finché non le ho lasciate”.

Il detective amplia l’indagine ai pedofili che abitano nell’area della scomparsa e inizia a interrogarli, aprendo così un vaso di Pandora. È proprio durante queste ricerche che rinviene il cadavere di un uomo nella casa di Patrick Dunn, un ex prete alcolizzato: l’uomo gli rivela di essere stato lui a uccidere quel pedofilo dopo aver saputo in confessione che aveva ucciso molti bambini.  Nel corso degli interrogatori, Loki si imbatte anche su un caso irrisolto di un bambino di nome Barry sparito più di vent’anni prima e mai ritrovato.

Durante una veglia in onore delle due bambine scomparse, il detective intravede un uomo incappucciato che fugge quando lui lo avvicina: è lo stesso che viene visto introdursi furtivamente nelle case dei Dover e dei Birch.

Intanto, ancora sconvolto per le parole di Alex, Keller rapisce il ragazzo e lo porta nella vecchia casa del padre. Lì, insieme a Franklin (padre di Joy), lo tortura per estorcergli la verità, ma senza risultati.

Nel frattempo il detective Loki scopre da un commesso che la persona scappata durante la veglia è Bob Taylor, un ragazzo ossessionato dai disegni e dai libri sui labirinti, amante dei serpenti e avvezzo ad acquistare abiti per bambini (nonostante non abbia figli). Nella casa del ragazzo rinviene alcuni vestiti per bambini insanguinati (che i Dover e i Birch riconoscono come i vestiti delle due bambine).

I poliziotti torchiano Bob Taylor e alla fine il ragazzo ammette la colpa ma, durante uno scontro con Loki, riesce a rubare una pistola e si suicida senza dire altro.

La verità arriva dalle indagini scientifiche: il sangue rinvenuto sui vestiti era di maiale e Bob non era coinvolto nel rapimento. Inoltre lo stesso era stato rapito da un pedofilo quando era bambino e aveva messo in scena il tutto a causa del trauma subito.

Nel frattempo Keller continua a torturare Alex, ma il ragazzo pronuncia frasi sconnesse come “Io non sono Alex” e “Sono nel labirinto”. Così decide di vederci chiaro e va trovare la zia alla quale era affidato, ma non riesce a carpire alcuna informazione. Anzi, la donna gli racconta che il comportamento del ragazzo era dovuto a un incidente avuto con i serpenti e che lei e suoi marito erano stati religiosi fino a quando il loro bambino non era morto di cancro.

Intanto Loki riconosce in uno dei labirinti disegnati da Bob Taylor la forma della collana del cadavere ritrovato nella casa del prete.

Improvvisamente viene trovata Joy (viva ma pesantemente drogata): la bambina è riuscita a fuggire dalla sua prigione. Durante il suo delirio, la bambina dice a Keller che c’è stato anche lui. L’uomo crede di aver capito dov’è il luogo in cui è la sua bambina e si dirige lì in auto mentre Loki prova a fermarlo dirigendosi alla sua vecchia casa di Keller. È così che trova Alex.

Keller arriva casa della zia di Alex e la donna lo minaccia con una pistola, obbligandolo ad ammanettarsi. Così lo droga. Ormai è tutto chiaro: è stata lei a rapire le bambine usando Alex come esca perché lei e il suo defunto marito (l’uomo ucciso dal prete) si erano ribellati a Dio dopo la morte del loro bambino e volevano vendicarsi rapendo e uccidendo bambini per far provare ad altri genitori quello che avevano provato loro.

Keller viene ferito a una gamba mentre e viene spinto in una botola segreta dove la donna teneva le due bambine. Qui, l’uomo trova il fischietto di sua figlia.

Loki arriva a casa di Holly per informarla del ritrovamento di Alex, ma intravede una foto del marito della donna con indosso la collana del labirinto e capisce tutto, proprio mentre sta iniettando del veleno alla piccola Anna. Il detective uccide la donna e porta la bambina in ospedale.

Anna viene curata in ospedale e si riprende poco a poco, ma Keller non è stato ancora ritrovato.  Nel frattempo la stampa rivela che Alex altro non è che Barry, il bambino rapito vent’anni prima e mai ritrovato.

Dopo qualche giorno, felice di aver ritrovato le bambine, Loki torna nella casa dei delitti e segue gli ultimi rilevamenti della scientifica, ma all’improvviso sente il suono flebile e insistente di un fischietto arrivare da lontano. Il detective si allontana nell’ombra.

Prisoners, il finale

La vita tranquilla della cittadina è soltanto una facciata: lì, dietro i sorrisi e il buon vicinato, si nascondono fatti torbidi, misteri e delitti.

Prisoners non è basato su una storia vera, ma riesce a incarnare le dinamiche del quartiere prima e della società intera dopo, dove nulla è come sembra e la violenza appare spesso come la via più semplice per reagire (ai traumi, alle frustrazioni e ai sogni non realizzati).

Basta grattare sotto la superficie per ritrovarsi in una dimensione in cui i buoni si trasformano in cattivi se portati all’esasperazione e i cattivi restano insospettabili (almeno fino a quando non cade la maschera).

In questa atmosfera, la religione ricopre un ruolo fondamentale sin dalla scena iniziale (Keller recita un verso della Bibbia mentre il figlio spara a un cervo e l’inquadratura si sposta subito su una croce): da un lato crea smarrimento non fornendo risposte (perché le bambine sono state rapite? perché il figlio dei Jones è morto di cancro?) e dall’altro lato fornisce un’ancora a cui aggrapparsi (quando Joy viene ritrovata e quando Keller fischia nella speranza di essere trovato).

Per fortuna il finale di Prisoners è una nota positiva: il suono del fischietto ci lascia intuire che Keller è ancora vivo. È un inno alla vita dopo una scia di morte.

Anche il mantra di Loki “Spera per il meglio, preparati per il peggio” ripetuto durante il film viene risolto con la vittoria della vita, anche quando l’Umanità cade in basso.

La fine è nell’inizio. Quel fischietto che aveva portato le bambine ad allontanarsi diventa il mezzo per farsi sentire e mettersi in salvo anche dall’abisso morale in cui era caduto dopo aver attraversato quel “labirinto” di eventi e indizi.